Sulla deducibilità dal reddito d’impresa degli aiuti alle popolazioni colpite dalla guerra in Ucraina

In questo drammatico momento storico, imprenditori sensibili, animati dal nobile intento di fornire aiuto alle popolazioni martoriate dalla guerra in Ucraina, hanno posto in essere erogazioni liberali in denaro e/o in natura a tanto finalizzate.

Abbiamo quindi valutato utile fare un punto anche sulla questione della deducibilità fiscale, per le imprese, di tali erogazioni.

Prima di entrare nel merito, precisiamo che: (i) la materia non è per nulla semplice e tantomeno pacifiche sono le conclusioni dei nostri ragionamenti; (ii) per l’emergenza Covid 19 venne emanata una specifica disciplina (art. 66 D. L. 17 marzo 2020 n. 18) che ha previsto l’applicabilità della norma sulle elargizioni in favore di popolazioni colpite da calamità (sui cui si tornerà a breve) per poter consentire la deduzione dall’Ires e l’esclusione dall’Iva; (iii) dunque anche in una situazione così importante di emergenza (come quella Covid 19) per la deduzione dal reddito di impresa è stato valutato necessario emanare una normativa ad hoc (normativa ad oggi invece mancante per l’emergenza “guerra in Ucraina”, sebbene se ne avverta l’esigenza anche sul mero piano interpretativo delle disposizioni vigenti).

Ciò premesso, il tema in parola viene di seguito affrontato avendo riguardo:

  1. alla disciplina generale delle erogazioni liberali in favore delle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da altri eventi straordinari;
  2. ai soggetti beneficiari;
  3. all’IVA.

1. Disciplina generale delle erogazioni liberali in favore delle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da altri eventi straordinari

Le erogazioni liberali, in denaro o in natura, effettuate nell’esercizio dell’attività di impresa, in favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche sono disciplinate dall’art. 27 della Legge 13 maggio 1999, n. 133. La citata norma così recita:

«Sono deducibili dal reddito d’impresa ai fini delle relative imposte le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore delle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da altri eventi straordinari anche se avvenuti in altri Stati, per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati e di enti».

In via preliminare chi scrive ritiene che la guerra rientri nel novero degli “eventi di calamità pubblica” (in tal senso, ad esempio, anche la datata, ma sempre autorevole, dottrina civilistica: cfr. A. Varnese, in Calamità Pubbliche Enciclopedia del Diritto Giuffrè 1959, pag. Vol. V, pag. 783 e ss.). Tanto, seppure, come premesso, non ci sia ad oggi una norma che fughi ogni dubbio al riguardo.

Ciò posto, va detto che a differenza di altre erogazioni (quali ad esempio le liberalità a favore di fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, la promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico di cui al DLGS n. 42 del 2004, o lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica individuate dal DPCM 12 ottobre 2016, per le quali la deduzione è soggetta al limite del 10% del reddito dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui), quelle di cui all’appena richiamato art. 27 della L. 13/5/1999 n. 133 non scontano limiti quantitativi alla loro deducibilità dal reddito d’impresa e vengono postulate come inerenti all’attività d’impresa.

Ed invero, l’Agenzia delle Entrate risulta essersi già espressa in ordine alla mancanza di limiti quantitativi nella guida relativa alle erogazioni liberali pubblicata nel dicembre del 2007 (che si allega), dove si legge che le liberalità in parola sono «deducibili dal reddito di impresa senza alcun limite purché effettuate per il tramite di fondazioni, associazioni, comitati ed enti».

Va poi ricordato il comma 2 del medesimo art. 27 della L.133 del 1999 ai sensi del quale «non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa …, i beni ceduti gratuitamente ai sensi del comma 1».

Il che vuol dire che quindi rientrano nella richiamata deducibilità anche le cessioni di beni a titolo gratuito (erogazioni in natura); e la norma poi non pone alcuna esplicita limitazione in ordine alla tipologia di beni che possono essere “elargiti”.

Conseguentemente: (i) se si tratta di beni oggetto dell’attività, la cessione gratuita non configura il conseguimento di alcun ricavo.; (ii) e, se si tratta di beni strumentali, gli eventuali plusvalori non sono soggetti ad imposizione.

Per quanto attiene la valorizzazione ai fini della deducibilità occorre tener conto che per i beni merce (cioè beni oggetto dell’attività propria dell’impresa) e per i beni considerati materie prime, sussidiarie, semilavorati o altri beni mobili (cfr. art. 85, comma 1, lett. “a” e “b”, TUIR), il valore dell’erogazione liberale fiscalmente riconosciuto è dato dal minore tra il “valore normale” (cfr. art. 9 TUIR) e il valore a cui sono valutati i beni come rimanenza (cfr. art. 92 TUIR).

In particolare, quanto all’art. 9 TUIR, lo stesso al comma 3 specifica che per “valore normale” «si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso.».

 Inoltre, sempre a norma del succitato art. 27 (qui ci si riferisce al comma 3), l’erogazione non è soggetta nemmeno ad imposta di donazione.

In sintesi, per le calamità pubbliche, tra cui va, secondo chi scrive, senz’altro annoverata la guerra, la nostra legislazione fiscale, almeno per quanto concerne le imposte dirette, sembra giustamente ispirata da un principio “solidaristico” prevalente pure rispetto a tante altre esigenze sociali.

Cosicché la deducibilità dal reddito d’impresa delle erogazioni, anche in natura, in favore delle «popolazioni colpite» trova ampio riconoscimento nel nostro ordinamento; il quale tuttavia si cautela rispetto a possibili “distorsioni” precisando che le elargizioni devono essere poste in essere «per il tramite di fondazioni, associazioni, comitati ed enti», le quali cioè assurgono alla funzione di “garanti” dell’utilizzo di tali erogazioni per le nobili finalità tutelate dalla legge.

Il ruolo di tali soggetti qualificabili impropriamente come “beneficiari” delle erogazioni in argomento (i veri beneficiari ultimi devono essere comunque senz’altro le «popolazioni colpite») è quindi centrale rispetto al tema in discorso.

2. Soggetti beneficiari

Per quanto attiene ai soggetti beneficiari, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20/06/2000 (Individuazione delle fondazioni, associazioni, comitati ed enti di cui all’art. 27, comma 3, della legge 13 maggio 1999, n.133, per il cui tramite sono effettuate le erogazioni liberali in denaro a favore delle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da altri eventi straordinari avvenuti in Stati diversi da quello italiano), appunto emanato in applicazione del più volte menzionato art. 27 comma 3, della legge 13 maggio 1999, n. 133, all’articolo 1 (Requisiti per le erogazioni liberali a favore delle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da altri) prevede che essi «sono così individuati»:

  1. organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (sostanzialmente le Onlus “riconosciute”);
  2. organizzazioni internazionali di cui l’Italia è membro (ad esempio, Unione Europea – UE -; Organizzazione Internazionale del Lavoro – OIL -; Organizzazione delle Nazioni Unite – ONU; Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico – OCSE-; Consiglio d’Europa;
  3. altre fondazioni, associazioni, comitati ed enti che, costituiti con atto costitutivo o statuto redatto nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, tra le proprie finalità prevedono interventi umanitari in favore di popolazioni colpite da calamità pubbliche o altri eventi straordinari (dovrebbero ad esempio quindi rientrare, ove come è ragionevole pensare i relativi statuti accolgano le citate previsioni, nella categoria oltre l’UNHCR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati; l’UNICEF, Save the Children, Medici Senza Frontiere, Croce Rossa, Caritas, ecc.);
  4. amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali, enti pubblici non economici;
  5. associazioni sindacali e di categoria.

Va precisato, a nostro parere, che comunque è opportuno, per la deducibilità dal reddito d’impresa, mantenere prova documentale delle erogazioni liberali in discorso con cui poter dimostrare la specifica loro destinazione ad aiuto alle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica (dalla guerra in Ucraina nella specie). In taluni casi quindi, a maggior ragione per le erogazioni in natura e per quelle comunque di ingente valore, può essere opportuno formalizzare le elargizioni in parola con atti che prevedano la partecipazione del “beneficiario” da cui si evincano in modo chiaro le suddette finalità.

3. Per l’IVA

Anche per l’IVA, valgono le regole generali in materia (mancando specifiche disposizioni al riguardo, per “l’emergenza guerra in Ucraina”).

Quindi, nel caso in cui le erogazioni liberali sono considerate cessioni e i beni vengono donati ad enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS, opera l’esenzione da imposta ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 12) del D.P.R. n. 633 del 1972.; e soprattutto che sono ugualmente esenti da imposta le cessioni gratuite realizzate nei confronti delle popolazioni in stato di emergenza.

L’esenzione Iva opera anche per le importazioni di beni. In particolare, tale esenzione è espressamente prevista dall’art. 68 del DPR IVA che ritiene non soggette ad imposta l’import di beni donati ad enti pubblici ovvero ad associazioni o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica, nonché quella di beni donati a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi.

Occorre però ricordare che, laddove sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’IVA afferente i beni ceduti gratuitamente, l’impresa cedente (nonché l’ente non commerciale in questo ruolo operante in attività d’impresa), dovrebbe procedere alla rettifica della detrazione a suo tempo operata, in applicazione del principio secondo cui non è detraibile l’imposta afferente operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta; la rettifica della detrazione andrebbe operata secondo quanto disposto dall’art. 19-bis2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come precisato dell’Agenzia delle Entrate con la CM del 26 marzo 2008, n. 26/E e con la CM del 16 novembre 2000 n. 207/E.

Pertanto, in linea di principio chi fa erogazioni liberali non può detrarre l’Iva a monte e quindi deve liquidarla quale Iva dovuta. Il che dovrebbe comportare anche il complesso “recupero” dell’ IVA detratta sugli acquisti di tali beni e/o materie prime utilizzate per la produzione.

Sul tema, il legislatore è intervenuto nel tempo per limitare detta preclusione alla detrazione. Vi sono, infatti, una serie di norme che individuano determinate tipologie di beni donati a individuate categorie di soggetti beneficiari, per i quali la preclusione alla detrazione non opera. Norme con cui il legislatore ha assimilato la cessione gratuita di beni specificamente individuati alla distruzione degli stessi. E per l’effetto di tale assimilazione, conformemente a quanto disposto dalla normativa Unionale (art. 185 dir 2006/112/CE), è stato previsto che dette operazioni non comportino effetti sulla detrazione dell’imposta assolta a monte dal donante per l’acquisto o la produzione.

Tali operazioni sono quindi escluse dall’applicazione dell’Iva e, come tali, escluse dagli obblighi formali di fatturazione, registrazione e dichiarazione.

Ad oggi però non risulta che il Legislatore o il Governo abbia esteso l’esclusione in discorso ai beni elargiti in favore e a sostegno delle popolazioni drammaticamente colpite a causa della guerra in Ucraina.

Appare evidente, quindi, che un intervento legislativo sulle questioni fin qui esposte, se non necessario, sia quantomeno auspicabile.

 

Massimo Matera

Francesco Palmieri

 

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