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L’avvio della procedura fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza, se già disposto, del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai reati tributari (Cass. Pen., S.U., n. 40797 del 22 giugno 2023 – dep. 6 ottobre 2023)

1)Il caso.

 Le Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza in epigrafe sono intervenute sul delicato tema del rapporto tra sequestro finalizzato alla confisca (ex art. 12-bis, co. 1 del d.lgs. n. 74/2000) nei reati tributari e procedure concorsuali, mettendo un punto – per ora – alla questione giurisprudenziale sviluppatasi negli ultimi vent’anni.

Il ricorso veniva proposto dal curatore di un fallimento di una s.n.c. avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame di Pescara che aveva affermato la prevalenza delle finalità sottese al sequestro rispetto alle ragioni dei creditori della società fallita.

Da qui il ricorso alla Suprema Corte da parte della curatela fallimentare, fondato sul tenore dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74/2000, che, escludendo il potere di confisca nel caso in cui i beni “appartengano a persona estranea al reato”, non avrebbe potuto consentire il sequestro dei beni oggetto di spossessamento, nella disponibilità materiale e giuridica del curatore.

 2) La questione rimessa al vaglio delle S.U.

La questione di diritto rimessa alla S.U. veniva così formulata:

«Se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l’avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell’apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta».

3) La (non) appartenenza dei beni al curatore

 Per addivenire ad una formulazione di un principio di diritto risolutore la Corte ha dovuto affrontare alcune questioni pregiudiziali. Da un lato quella relativa alla funzione della misura cautelare penale di tipo reale e alla sua obbligatorietà, dall’altro quella inerente alla qualificazione del rapporto che intercorre tra il curatore fallimentare e i beni facenti parte dell’attivo fallimentare.

Quest’ultima valutazione – tutt’altro che di semplice analisi – è stata operata dal giudice di legittimità nei seguenti termini.

Il curatore fallimentare è mero gestore – detentore dei beni dell’imprenditore.

Per effetto dello “spossessamento” ex art. 142 c.c.i. (art. 42 L.F.) il fallito non viene immediatamente “espropriato”, ma tutt’al più privato della amministrazione e della disponibilità dei beni esistenti alla data di dichiarazione del fallimento, senza che ciò implichi un trasferimento alla massa dei creditori.

«Ne consegue […] che alla curatela fallimentare, che ha un compito esclusivamente gestionale e mirato al soddisfacimento dei creditori, non si attaglia il concerto di appartenenza, preclusiva della confiscabilità ex. Art. 12-bis, d.lsg. 74 del 2000»

Analogamente, ribadisce la Corte, nemmeno le pretese vantate dai singoli creditori sul patrimonio del soggetto insolvente possono sempre considerarsi d’ostacolo all’apposizione del vincolo penale: «i diritti acquisiti dal terzo in buona fede in grado di prevalere sulla confisca (e quindi anche sul sequestro preventivo) si identificano, infatti, solo nel diritto di proprietà e negli altri diritti reali che gravano sui beni e non anche nel semplice diritto di credito».

4) Il codice della crisi d’impresa e dell’ insolvenza

Pur premettendo l’inapplicabilità delle disposizioni del d.lgs. 14/2019 – non ancora in vigore in accordo alla scansione temporale dettata dalla disciplina transitoria di cui all’art. 390 del medesimo decreto, e secondo la Corte inutilizzabile ai fini di una valutazione interpretativa logico-sistematica nel caso di specie – va infine ricordata l’introduzione, ad opera del Codice della crisi, dell’art. 317, il quale prevede la prevalenza delle misure cautelari reali penali sulle procedure concorsuali limitatamente all’ipotesi di sequestro preventivo penale strumentale alla confisca, ex art. 321, co. 2 c.p.p. (deroghe sono invece previste nell’ipotesi di sequestro preventivo “impeditivo” di cui all’art. 321, co.1 e nell’ipotesi di sequestro conservativo).

5) Il principio di diritto

Concludono le SU formulando la “regula iuris”: «L’avvio della procedura fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza, se è già disposto, del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai reati tributari»

Roberto Patauner

 

Dell’ordinanza di remissione alle S.U. si era già data notizia: Legittimo il sequestro preventivo dei beni ricompresi nell’attivo fallimentare: la recente decisione della Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. III, N. 5255 del 3 novembre 2022 – dep. 7 febbraio 2023) – Value In Law

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