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Sul rilascio del DURC in favore delle imprese in concordato in continuità

  1. Premessa

L’art. 186 bis, comma 3, della legge fallimentare in tema di concordati in continuità aziendale prevede che: “ (…) l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all’articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento (…) “.

Si tratta di una norma ovviamente di capitale importanza per le imprese che “lavorano” con la pubblica amministrazione che intendono proporre un concordato in continuità aziendale.

Ad ostacolare l’applicazione della sopra citata disposizione, tuttavia, si frappone, spesse volte, la necessità di ottenere dall’INPS  il rilascio  del DURC, il ben noto Documento Unico di Regolarità Contributiva.

E’ risaputo infatti che, per poter proseguire nei contratti pubblici ricevendo i pagamenti da parte della P.A, il DURC deve essere “regolare” e che tuttavia non è infrequente che le imprese in crisi risultino inadempienti rispetto alle obbligazioni contributive. Con ciò non risultando nelle “ordinarie” condizioni per il rilascio del fondamentale DURC:

Sul tema è prezioso l’intervento pubblicato su IlCaso.it del dott. Alessandro Farolfi, Giudice del Tribunale di Ravenna, Appunti in tema di DURC e concordato preventivo in continuità (qui il link).

  1. La questione

Nel citato intervento del dott. Alessandro Farolfi ci siamo imbattuti svolgendo una ricerca sull’argomento, quando ci è stata rappresentata la preoccupazione di una società in concordato di non riuscire ad ottenere il DURC. Tanto, non solo per il corso della sua procedura (fino all’omologa, per intendersi), ma anche in sede di esecuzione di un piano che preveda il pagamento non integrale, e comunque dilazionato, del creditore INPS.

La questione, che al di là dell’interesse giuridico è di notevole rilievo pratico, è sostanzialmente questa.

La proponente il concordato ritiene di non essere in grado di garantire il pagamento integrale non dilazionato dei debiti per contributi INPS maturati fino alla data della presentazione del ricorso ex art. 161 l.fall..

Ciò, fondamentalmente, perché stima che i flussi della continuità, siano sì sufficienti per pagare nei primi due anni di piano le prededuzioni e i creditori di grado poziore all’INPS (sostanzialmente nella specie, quelli di cui all’art. 2751 bis c.c.), ma non appunto il creditore INPS che, nella graduazione dei privilegi, “viene dopo” i citati altri creditori.

Per ottenere il rilascio del DURC, la medesima proponente, in un primo momento, aveva quindi comunque previsto nel piano il pagamento integrale, entro un anno dall’omologa, di tutti i crediti anteriori per contributi (l’idea, sostanzialmente, era quella di considerare strategico il creditore INPS e quindi la fattispecie sussumibile nell’ambito di cui all’art. 182 quinquies l.fall.)

In tal modo, per un verso non avrebbe avuto “problemi di DURC” in fase (post omologa) di esecuzione del piano di concordato (avrebbe pagato cioè l’INPS subito dopo l’omologa); e per altro aspetto, avrebbe potuto soddisfare le condizioni per il suo rilascio anche per il periodo concordatario (cioè fino all’omologa); condizioni di cui al Decreto Ministeriale del 30 gennaio 2015 “Semplificazione in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC)”, il quale all’art. 5, tra l’altro, prevede che:

  • In caso di concordato con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis del regio decreto 16 marzo  1942,    267, l’impresa  si considera regolare nel periodo intercorrente tra la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e il decreto  di  omologazione,  a condizione che nel piano di  cui  all’art.  161 del  medesimo  regio decreto sia prevista l’integrale soddisfazione dei crediti dell’INPS, dell’INAIL e delle Casse edili e dei relativi accessori di legge “;
  • Le imprese che presentano una proposta di accordo sui crediti contributivi ai sensi dell’art. 182-ter del regio  decreto  16  marzo 1942,    267,  nell’ambito   del   concordato   preventivo   ovvero nell’ambito delle trattative per l’accordo  di  ristrutturazione  dei debiti disciplinati rispettivamente dagli articoli 160 e 182-bis  del medesimo regio  decreto,  si  considerano  regolari  per  il  periodo intercorrente tra la data di pubblicazione dell’accordo nel  registro delle imprese e il decreto di omologazione  dell’accordo  stesso,  se nel piano di ristrutturazione e’ previsto  il  pagamento  parziale  o anche dilazionato dei debiti  contributivi  nei  confronti  di  INPS, INAIL e Casse edili e dei relativi accessori di legge,  nel  rispetto delle condizioni e dei limiti previsti per i crediti di INPS e  INAIL dagli articoli 1 e 3 del decreto ministeriale 4 agosto 2009”; (il quale prevede una rateizzazione massima fino a 60 mesi)

Alla proponente, tuttavia, gli organi della procedura avevano fatto notare che l’inclusione del creditore INPS tra quelli “strategici” di cui all’art. 182-quinquies risultava una forzatura (la norma si riferisce al pagamento in favore di creditori “anteriori per prestazioni di beni o servizi)

Veniva cioè osservato che, così facendo (prevedendo cioè, nell’ambito del piano di concordato, di dar luogo al pagamento del creditore INPS prima di onorare i creditori poziori, nella specie dipendenti e professionisti) la stessa proponente sarebbe incorsa nella violazione del divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione di cui all’art. 160 comma 2, ultimo capoverso, della legge fallimentare. E detta violazione non sarebbe stata “superabile” con il ricorso all’art. 182 quinquies (la norma, come detto, che disciplina il pagamento, in deroga della par condicio creditorum e dell’ordine della cause di prelazione, dei c.d. creditori strategici).

Dunque, la società in concordato ha chiesto e ottenuto termine per apportare modifiche al proprio piano, che si accinge a “varare”.

  1. La diffidenza rispetto alla transazione previdenziale

Tralasciando ora le soluzioni che l’impresa in questione riterrà di adottare, il caso sopra esposto è innanzitutto esplicativo della diffidenza degli operatori del settore rispetto all’istituto della transazione previdenziale di cui all’art. 182 – ter l.fall. Istituto quest’ultimo che, a norma di legge, dovrebbe senz’altro costituire “la strada” da percorrere in tali circostanze (di impossibilità a soddisfare integralmente e senza dilazioni i pagamenti dei debiti previdenziali concordatari).

La diffidenza è evidentemente giustificata dalla ritrosia dell’INPS nell’adesione alle transazioni previdenziali e nel rilascio dei DURC alle imprese in concordato.

  1. Le novità introdotte dal D.L. 7 ottobre 2020, n. 125

Va detto al riguardo che ad oggi, in soccorso delle imprese che abbiano tali problematiche, v’è una novità rilevante.

Ci si riferisce al D.L. del 7 ottobre 2020, n. 125, convertito con modificazioni dalla legge 27 novembre 2020, n. 159 che ha aggiunto:

  1. a) all’articolo 180 l.fall., quarto comma, il seguente periodo: “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione e’ determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie e’ conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria“;
  2. b) ed all’articolo 182-bis l.fall., la seguente frase: “Il tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione e’ decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie é conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria“;
  3. c) analoga disposizione anche con riferimento alle procedure di risoluzione della crisi disciplinate dalla L.3/2012.

Questo, con la conseguenza che il Tribunale può sostituirsi all’Agenzia delle Entrate e/o all’INPS quando il loro voto al concordato, o la loro adesione all’accordo di cui all’art. 182-bis l.fall., risulti determinante e qualora ovviamente la proposta formulata dall’impresa debitrice risulti “conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria“. E tanto, secondo orientamento che ad oggi sembra prevalente, finanche quando le stesse amministrazioni si siano espresse in senso contrario (cfr in particolare la recente ordinanza del Tribunale di La Spezia del 14 gennaio 2021).

  1. Principi fondamentali

L’intervento del legislatore appena sopra richiamato è certamente di notevolissimo rilievo.

Ciò, soprattutto se però, a valle dello stesso, l’INPS superi le proprie citate “ritrosie” rispetto all’emissione dei DURC in favore delle società in concordato. Ritrosie documentate dai ricorsi che in taluni casi le imprese in concordato si sono viste costrette ad azionare dinnanzi alle competenti sezioni “lavoro” dei Tribunali, per ottenere i DURC (si vedano, ad esempio, le decisioni del Tribunale di Pistoia del 4.5.2020 e del Tribunale di Roma del 8.11.2019).

Affinché ciò avvenga appare necessario che si prenda contezza di quei principi richiamati nell’intervento del dott. Alessandro Farolfi di cui si è detto in premessa. Vale a dire, nello specifico, che “è opportuno, infatti, partire da una premessa: la disciplina delle procedure concorsuali è tradizionalmente una disciplina speciale; una disciplina speciale che il nostro legislatore volta a volta, a seconda anche – bisogna ammetterlo – delle contingenze sociali ed economiche, fa prevalere su altre discipline ordinarie astrattamente applicabili alla medesima fattispecie”.

In altri termini, è necessario che in caso di contrasto tra, da una parte, le regole “ordinarie” come definite anche nelle norme di legge e relative decretazioni e regolamenti, che disciplinano nello specifico il rilascio del DURC, e, dall’altra, le disposizioni contenute nella legge fallimentare (qualificabile appunto come “speciale”), venga definitivamente recepita la prevalenza di queste ultime sulle prime.

Il che si traduce nel prendere atto che l’attivazione di una procedura concordata di soluzione della crisi d’impresa secondo la disciplina della legge fallimentare, e poi l’eventuale sua omologazione, implica, in forza di legge, e di una legge “speciale”, la modifica della disciplina che riguarda le obbligazioni di tutti i creditori (pure delle amministrazioni pubbliche) della debitrice. Con anche l’effetto di parziale inesigibilità di dette obbligazioni e/o di esigibilità delle stesse a scadenze diverse da quelle originarie.

D’altra parte, emblematico è al riguardo l’art. 184 l.fall. a mente del quale “il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all’articolo 161” l.fall..

 

Francesco Palmieri – Silvia Wurzburger

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