Con l’importante Ordinanza 21 luglio 2020, n. 15525, la Corte di Cassazione ha avviato verso le Sezioni Unite una questione assai delicata.
Ci si riferisce al termine di decadenza entro cui l’Amministrazione Finanziaria può contestare, in tutto o in parte, l’esistenza di un credito IVA richiesto a rimborso.
Termine intorno al quale si sono formati orientamenti dei giudici di legittimità tra di loro contrastanti.
Perno centrale della questione è l’art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che come integrato dall’art. 10 del d.lgs. n. 313 del 1997 e poi successivamente modificato dall’art. 1, comma 130 della legge 28 dicembre 2015 n. 208, che così recita:
«1. Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’articolo 54 e nel secondo comma dell’articolo 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
- Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento dell’imposta a norma del primo comma dell’articolo 55 puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
- Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna.
- Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle entrate. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto.».
Con la menzionata Ordinanza la Suprema Corte prende atto che mentre in talune decisioni si è sostenuto «che il credito chiesto a rimborso sia contestabile in ogni tempo e il termine decadenziale riguardi solo il potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria», in altre, si è ritenuto «che la decorrenza del termine decadenziale implichi, in ogni caso, la cristallizzazione del credito IVA, con ciò impedendo anche la contestazione del credito chiesto a rimborso». Orientamento quest’ultimo che sembra senz’altro condivisibile, perché oltre che più razionale e coerente ai principi di certezza del diritto, è in linea con la normativa comunitaria sovraordinata, che, in tema di Iva, è basata sul principio fondamentale della neutralità dell’imposta, che potrebbe essere leso dalla possibilità per l’amministrazione finanziaria di contestare in ogni tempo l’esistenza del credito chiesto a rimborso.
A breve, quindi, è attesa la decisione delle Sezioni Unite che dovrebbe “mettere un punto” su una questione delicata, controversa, e di notevole rilevanza, specie per le curatele fallimentari che spesso non sono nelle condizioni di poter documentare i crediti prefallimentari, per i quali, quindi, decorsi i termini di decadenza potrebbero comunque sussistere le condizioni per ottenerne il rimborso.
Napoli/Aversa 2 gennaio 2021
Gaetano Giuliano e Francesco Palmieri